The pure, the good, the gentle, which will oft Still keep--Thou turn'st so pale-Alas! she faints, But recollect the people are without, DOGE. She hath no breath, no pulse! Guards! lend your aid-- | Is I cannot leave her thus, and yet 't is better, [The Attendants of ANGIOLINA enter and sur- Of which I grow a portion, not to man. Shedding so much blood in her last defence When all the ills of conquer'd states shall cling thee, Vice without splendour, sin without relief Even from the gloss of love to smooth it o'er, Prurient yet passionless, cold studied lewdness, Depraving nature's frailty to an art ; When these and more are heavy on thee, when 'Gainst which thou wilt not strive, and darest not murmur Thou den of drunkards with the blood of princes! 12 Thus I devote thee to the infernal gods! [Here the DoGE turns, and addresses the Exe- Slave, do thine office; Strike as I struck the foe! Strike as I would Have struck those tyrants! Strike deep as my curse! [The DoGE throws himself upon his knees, SCENE IV. The Piazza and Piazzetta of Saint Mark's-The People in crowds gathered round the grated gates of the Ducal Palace, which are shut. FIRST CITIZEN. I have gain'd the gate, and can discern the Ten, SECOND CITIZEN. I cannot reach thee with mine utmost effort. FIRST CITIZEN. One has approach'd the Doge, and now they strip SECOND CITIZEN. Hush! we perhaps may catch the sound. . FIRST CITIZEN. 'Tis vain. I cannot hear him.-How his hoary hair [The people murmur. THIRD CITIZEN. Then they have murder'd him who would have freed us. FOURTH CITIZEN. He was a kind man to the commons ever. FIFTH CITIZEN. Wisely they did to keep their portals barr'd. Would we had known the work they were preparing Ere we were summon'd here; we would have brought Weapons, and forced them! SIXTH CITIZEN. Are you sure he's dead? FIRST CITIZEN. I saw the sword fall-Lo! what have we here? [Enter on the Balcony of the Palace which fronts Saint Mark's Place a CHIEF OF THE TEN 13 with a bloody sword. He waves it thrice before the People, and exclaims, «Justice hath dealt upon the mighty Traitor!» [The gates are opened; the populace rush in towards the Giant's Staircase,» where the execution has taken place. The foremost of them exclaims to those behind, The gory head rolls down the « Giant's Steps !» [ The curtain falls. This was the actual reply of Bailli, maire of Paris, to a Frenchman who made him the same reproach on his way to execution, in the earliest part of their revolution. I find in reading over (since the completion of this tragedy), for the first time these six years, «Venice Preserved,» a similar reply on a different occasion by Renault, and other coincidences arising from the subject. I need hardly remind the gentlest reader, that such coincidences must be accidental, from the very facility of their detection by reference to so popular a play on the stage and in the closet as Otway's chef-e Nunzi de' Signori, senza i Capi de' quaranta, ne pos d'œuvre. sano rispondere ad alcuno, se non saranno quattro Consiglieri e due Capi de' Quaranta. E che osservino la forma del suo Capitolare. E che Messer lo Doge si metta nella miglior parte, quando i giudici tra loro non fossero d'accordo. E ch' egli non possa far vendere i suoi imprestiti, salvo con legittima causa, e col voler di cinque Consiglieri, di due Capi de' Quaranta, e delle due Note 10. Page 279, line 99. Beggars for nobles, pandars for a people. Should the dramatic picture seem harsh, let the reader look to the historical, of the period prophesied, or rather of the few years preceding that period. Voltaire calculated their « nostre benemerite Meretrici,» at twelve thousand of regulars, without including volun-parti del Consiglio de' Pregati. Item, che in luogo di tre teers and local militia, on what authority I know not; but it is perhaps the only part of the population not decreased. Venice once contained two hundred thousand inhabitants; there are now about ninety thousand, and THESE!! Few individuals can conceive, and none could describe, the actual state into which the more than infernal tyranny of Austria has plunged this unhappy city. preso, mila pelli di Conigli, che debbon dare i Zaratini per re- Thou den of drunkards with the blood of princes! Of the first fifty Doges, five abdicated-five were banished with their eyes put out-five were MASSACRED --and nine deposed; so that nineteen out of fifty lost the throne by violence, besides two who fell in battle: this occurred long previous to the reign of Marino Faliero. One of his more immediate predecessors, Andrea Dandolo, died of vexation. Marino Faliero himself perished as related. Amongst his successors, Fascari, after seeing his son repeatedly tortured and banished, was deposed, and died of breaking a bloodvessel, on hearing the bell of Saint Mark's toll for the questa Terra a' 5 d'Ottobre del 1354. E dovendo smonelection of his successor. Morosini was impeached for the loss of Candia; but this was previous to his duke-ismontare alla riva della Piazza in mezzo alle due cotare alla riva della Paglia per lo caligo andarono ad dom, during which he conquered the Morea, and was styled the Peloponnesian. Faliero might truly say, Thou den of drunkards with the blood of princes! Note 13. Page 280, line 68, Chief of the Ten. lonne dove si fà la Giustizia, che fu un malissimo augurio. E a 6, la mattina venne alla Chiesa di San Marco alla laudazione di quello. Era in questo tempo Cancellier Grande Messer Benintende, I quarantuno Elettori furono, Ser Giovanni Contarini, Ser' Andrea Giustiniani, « Un Capo de' Dieci» are the words of Sanuto's Ser Michele Morosini, Ser Simone Dandolo, Ser Pietro Chronicle. APPENDIX. I. MARINO FALIERO, DOGE XLIX. « Fu eletto da quarantuno Elettori, il quale era Cavaliere e conte di Valdemarino in Trivigiana, ed era riceo, e si trovava ambasciadore a Roma. E a dì 9, di Settembre, dopo sepolto il suo predecessore, fu chiamato il gran Consiglio, e fu preso di fare il Doge giusta il solito. E furono fatti i cinque Correttori, Ser Bernardo Giustiniani Procuratore, Ser Paolo Loredano, Ser Filippo Aurio, Ser Pietro Trivisano, e Ser Tommaso Viadro. I quali a di to, misero queste correzioni alla promozione del Doge: che i Consiglieri non odano gli Oratori Lando, Ser Marino Gradenigo, Ser Marco Dolfino, Ser Nicolò Faliero, Ser Giovanni Quirini, Ser Lorenzo Soranzo, Ser Marco Bembo, Sere Stefano Beleguo, Ser Francesco Loredano, Ser Marino Veniero, Ser Giovanni Mocenigo, Ser Andrea Barbaro, Ser Lorenzo Barbarigo, Ser Bettino da Molino, Ser Andrea Arizzo Procuratore, Ser Marco Celsi, Ser Paolo Donato, Ser Bertucci Grimani, Ser Pietro Steno, Ser Luca Duodo, Ser' Andrea Pisani, Ser Francesco Caravello, Ser Jacopo Trivisano, Sere Schiavo Marcello, Ser Maffeo Aimo, Ser Marco Capello, Ser Pancrazio Giorgio, Ser Giovanni Foscarini, Ser Tommaso Viadro, Sere Schiava Polani, Ser Marco Polo, Ser Marino Sagredo, Scre Stefano Mariani, Ser Francesco Suriano, Ser Orio Pasqualigo, Ser' Andrea Gritti, Ser Buono da Mosto. « Trattato di Messer Marino Faliero Doge, tratto da una Cronica antica. Essendo venuto il Giovedì della Caccia, fu fatta giusta il solito la Caccia. E a que, tiene. gran tempi dopo fatta la Caccia s'andava in Palazzo del Doge nipote, il quale stava con lui in Palazzo, e entrarono in una di quelle sale, e con donne facevasi una festic-in questa macchinazione. Ne si partirono di li, che manciuola, dove si ballava fino alla prima campana, e ve- darono per Filippo Calendaro, uomo marittimo e di niva una colazione; la quale spesa faceva Messer lo seguito, e per Bertuccio Israello, ingegnere e uomo astuDoge, quando v' era la Dogaressa. E poscia tutti anda- tissimo. E consigliatisi insieme diede ordine di chiavano a casa sua. Sopra la qual festa, pare, che Ser Mi- mare alcuni altri. E così per alcuni giorni la notte si chele Steno, molto giovane e povero gentiluomo, ma riducevano insieme in Palazzo in casa del Doge. E chiaardito e astuto, il quale era innamorato in certa donzella marono a parte a parte altri, videlicet Nicolò Fadella Dogaressa, essendo sul Solajo appresso le donne, giuolo, Giovanni da Corfù, Stefano Fagiano, Niccolo facesse cert' atto non conveniente, adeo che il Doge codalle Bende, Niccolò Biondo, e Stefano Trivisano. E mandò ch' e' fosse buttato giù dal Solajo. E così quegli ordinò di fare sedici o diciassette Capi in diversi luoghi scudieri del Doge lo spinsero giù di quel Solajo. Laonde della Terra, i quali avessero cadaun di loro quarant'uoa Ser Michele parve, che fossegli stata fatta troppo mini provvigionati, preparati, non dicendo a' detti suoi grande ignominia. E non considerando altramente il quaranta quello, che volessero fare. Ma che il giorno fine, ma sopra quella passione fornita la festa, e andati stabilito si mostrasse di far quistione tra loro in diversi tutti via, quella notte egli andò, e sulla cadrega, dove luoghi, acciocchè il Doge facesse sonare a San Marco le sedeva il Doge nella Sala dell' Udienza (perchè allora i campane, le quali non si possono suonare, s'egli nol Dogi non tenevano panno di seta sopra la cadrega, ma comanda. E al suono delle campane questi sedici o sedevano in una cadrega di legno) scrisse alcune parole diciassette co' suoi uomini venissero a San Marco alle disoneste del Doge e della Dogaressa, cioè: Marin Fa- strade, che buttano in Piazza. E così i nobili e primarj liero dalla bella moglie: Altri la gode, ed egli la man- cittadini, che venissero in Piazza, per sapere del romore E la mattina furono vedute tali parole scritte. ciò ch'era, li tagliassero a pezzi. E seguito questo, che E parve una brutta cosa. E per la Signoria fu com- fosse chiamato per Signore Messer Marino Faliero Doge. messa la cosa agli Avvogadori del Comune con grande E fermate le cose tra loro, stabilito fu, che questo doefficacia. I quali Avvogadori subito diedero taglia grande vess' essere a' 15 d'Aprile del 1355 in giorno di Mercoper venire in chiaro della verità di chi avea scritto tal ledì. La quale macchinazione trattata fu tra loro tanto lettera. E tandem si seppe, che Michele Steno aveale segretamente, che mai nè pure se ne sospettò, non che scritte. E fu per li Quaranta preso di ritenerlo: e ri- se ne sapesse cos' alcuna. Ma il Signor Iddio, che ha tenuto confessò, che in quella passione d' essere stato sempre ajutato questa gloriosissima città, e che per le spinto giù dal Solajo, presente la sua amante, egli aveale santimonie e giustizie sue mai non l'ha abbandonata, scritte. Onde poi fu placitato nel detto Consiglio, e ispirò a un Beltramo Bergamasco, il quale fu messo parve al Consiglio si per rispetto all' età, come per la Capo di quarant' uomini per uno de' detti congiurati caldezza d'amore, di condannarlo a compiere due mesi (il quale intese qualche parola, sicchè comprese l'effeto, in prigione serrato, e poi ch' e' fosse bandito di Venezia che doveva succedere, e il qual era di casa di Ser Nice dal distretto per un' anno. Per la qual condennagione colò Lioni di Santo Stefano) di andare a dì **** d'Aprile tanto piccola il Doge ne prese grande sdegno, paren- a casa del detto Ser Niccolò Lioni. E gli disse ogni dogli che non fosse stata fatta quella estimazione della cosa dell' ordin dato. Il quale intese le cose, rimase cosa, che ricercava la sua dignità del Ducato. E diceva, come morto; e intese molte particolarità, il detto ch' eglino doveano averlo fatto appiccare per la gola, o Beltramo il pregò che lo tenesse segreto, e glielo disse, saltem bandirlo in perpetuo da Venezia. E perchè acciocchè il detto Ser Niccolò non si partisse di casa a di (quando dee succedere un' effetto è necessario che vi 15, acciocchè egli non fosse morto. Ed egli volendo parconcorra la cangione a fare tal' effetto) era destinato, che tirsi, il fece ritenere a suoi di casa, e serrarlo in una caa Messer Marino Doge fosse tagliata la testa, perciò oc- mera. Ed esso andò a casa di M. Giovanni Gradenigo corse, che entrata la Quaresima il giorno dopo che fu Nasone, il quale fu poi Doge, che stava anch' egli a condannato il detto Ser Michele Steno, un gentiluomo Santo Stefano; e dissegli la cosa. La quale parenda Ca Barbaro, di natura collerico, andasse all' Arsenale, dogli, com'era, d'una grandissima importanza, tutti e domandasse certe cose ai Padroni, ed era alla presenza due andarono a casa di Ser Marco Cornaro, che stava de' Signori l'Ammiraglio dell' Arsenale. Il quale intesa a San Felice. E dettogli il tutto, tutti ́e tre deliberaJa domanda, disse, che non si poteva fare. Quel gen-rono di venire a casa del detto Ser Niccolò Lioni, ed tiluomo venne a parole coll' Ammiraglio, e diedegli un pugno su un'occhio. E perchè avea un'anello in dito, coll' ancho gli ruppe la pelle, e fece sangue. E l'Ammiraglio cosi battuto e insanguinato andò al Doge a lamentarsi, acciocchè il Doge facesse fare gran punizione contra il detto da Cà Barbaro : Il Doge disse: Che vuoi che ti faccia? Guarda le ignominiose parole scritte di me, e il modo ch'è stato punito quel ribaldo di Michele Steno, E quale stima hanno i Quaranta fatto della persona nostra? Laonde l'Ammiraglio gli disse: Messer lo Doge, se voi volete farvi Signore, e fare tagliare tutti questi becchi gentiluomini a pezzi, mi basta l'animo, dandomi voi ajuto, di farvi Signore di questa Terra. E allora voi potrete castigare tutti costoro. Inteso questo, il Doge disse, Come si può fare una simile cosa? E così entrarono in ragionamento. che le scrisse. «Il Doge mandò a chiamare Ser Bertuccio Faliero suo | esaminare il detto Beltramo. E quello esaminato, intese le cose, il fecero stare serrato. E andarono tutti e tre a San Salvatore in sacristia, e mandorono i loro famigli a chiamare i Consiglieri; gli Avvogadori, i Capi de' Dieci, e que' del Consiglio. E ridotti insieme dissero loro le cose. I quali rimasero morti. E deliberarono di mandare pel detto Beltramo, e fattolo venire cautamente, ed esaminatolo, e verificate le cose, ancorché ne sentissero gran passione, pure pensarono la provvisione. E mandarono pe' Capi de' Quaranta, pe' Signori di notte, pè Capi de' Sestieri, e pè Cinque della Pace. E ordinato, ch' eglino co' loro uomini trovassero degli altri buoni uomini, e mandassero a casa de' capi de' congiurati, ut supra mettessero loro le mani addosso. E tolsero i detti le Maestrerie dell' Arsenale, acciocchè i provvisionati de' congiurati non potessero offenderli. E si ridussero in Palazzo verso la sera. Dove ridotti fecero serrare le porte della corte del Palazzo. E mandarono a ordinare al campanaro, che non sonasse le campane. E così fu eseguito, e messe le mani addosso a tutti i nominati di sopra, furono qui condotti al Palazzo. E vedendo il Consiglio de' Dieci, che il Doge era nella cospirazione, presero di eleggere venti de' primarj della Terra, di giunta al detto Consiglio a consigliare, non però che potessero mettere pallotta. sentirono il fatto, ma non vi furono tal che fu dato loro ad intendere per questi capi, che venissero coll' arme, per prendere alcuni malfattori in servigio della Signoria, nè altro sapeano. Fu encora liberato Nicoletto Alberto, il Guardiaga, e Bartolommeo Ciriuola, e suo figliuolo, e molti altri, che non erano in colpa. E a di 16 d'Aprile, giorno di Venerdì, fu sentenziato del detto Consiglio de' Dieci, di tagliare la testa a Messer Marino Faliero Doge sul pato della scala di pietra, dove i Dogi giurano il primo sagramento, quando montano prima in Palazzo. E così serrato il Palazzo, la mattina seguente a ora di terza, fu tagliata la testa al detto Doge a dì 17 d' Aprile. E prima la berretta fu tolta di testa al detto Doge, avanti che venisse giù dalla scala. E compiuta la giustizia, pare che un Capo de' Dieci andasse alle Colonne del Palazzo sopra la Piazza, e mostrasse la spada insanguinata a tutti, dicendo: E stata fatta la gran giustizia del Traditore. E aperta la porta, tutti entrarono dentro con gran furia a vedere il Doge, ch' era stato giustiziato. E' da sapere, che a fare la detta giustizia non fu Ser Giovanni Sanudo il Consigliere, perchè era andato a casa per difetto della persona, sicchè furono quattordici soli, che ballottarono, cioè "I Consiglieri furono questi: Ser Giovanni Mocenigo, del Sestiero di San Marco; Ser Almorò Veniero da Santa Marina, del Sestiero di Castello; Ser Tommaso Viadro, del Sestiero di Caneregio; Ser Giovanni Sanudo, del Sestiero di Santa Croce; Ser Pietro Trivisano, del Sestiero di San Paolo, Ser Pantalione Barbo il Grande, del Sestiero d'Ossoduro. Gli Avvogadori del Comune furono Ser Zufredo Morosini, e Ser Orio Pasqualigo, e questi non ballottarono. Que' del Consiglio de' Dieci; furono Ser Giovanni Marcello, Ser Tommaso Sanudo, e Ser Micheletto Dolfino, Capi del detto Consiglio de' Dieci; Ser Luca da Legge, e Ser Pietro da Mosto, Inquisitori del detto Consiglio: Ser Marco Polani, Ser Marino Veniero, Ser Lando Lombardo, Ser Nicoletto Trivisano da Sant' Angiolo. Questi elessero tra loro una Giunta, nella notte ridotti quasi sul romper del giorno, di venticinque Consiglieri, e nove del Consiglio de' Dieci. E fu nobili di Venezia de' migliori, de' più savj, e de' più an- preso, che tutti i beni del Doge fossero confiscati nel tichi, per consultare, non però che mettessero pallot- Comune, e così degli altri traditori. E fu conceduto tola. E non vi vollero alcuno da Cà Faliero. E cac- al detto Doge pel detto Consiglio de' Dieci, ch' egli pociarono fuori del Consiglio Niccolò Faliero, e un' altro tesse ordinare del suo per ducati due mila. Ancora fu Niccolo Faliero da San Tommaso, per essere della ca- preso, che tutti i Consiglieri, e Avvogadori del Comune, sata del Doge. E questa provigione di chiamare i venti que' del Consiglio de' Dieci, e della Giunta, ch'erano della Giunta fu molto commendata per tutta la Terra. stati a fare la detta sentenza del Doge, e d'altri, avessero Questi furono i venti della Giunta, Ser Marco Giusti- licenza di portar' arme di di e di notte in Venezia e da niani, Procuratore, Ser' Andrea Erizzo, Procuratore, Ser Grado fino a Gavarzere, ch'è sotto il Dogato, con due Lionardo Giustiniani, Procuratore, Ser' Andrea Conta- fanti in vita loro, stando i fanti con essi in casa al suo rini, Ser Simone Dandolo, Ser Niccolò Volpe, Ser Gio- pane e al suo vino. E chi non avesse fanti, potesse dar vanni Loredano, Ser Marco Diedo, Ser Giovanni Gra- tal licenza a' suoi figliuoli ovvero fratelli, due però e non denigo, Ser Andrea Cornaro, Cavaliere, Ser Marco So- più. Eziandio fu data licenza dell' arme a quattro Notaj ranzo, Ser Rinieri da Mosto, Ser Gazano Marcello, Ser della Cancelleria, cioè della Corte Maggiore, che furono Marino Morosino, Sere Stefano Belegno, Ser Niccolò a prendere le deposizioni e inquisizioni, in perpetuo a Lioni, Ser Filippo Orio, Ser Marco Trivisano, Ser Ja- loro soli, i quali furono Amadio, Nicoletto di Loreno, copo Bragadino, Ser Giovanni Foscarini. E chiamati Steffanello, e Pietro de Compostelli, Scrivani de' Siquesti venti nel Consiglio de' Dieci, fu mandato per gnori di notte. Ed essendo stati impiccati i traditori, e Messer Marino Faliero Doge, il quale andava pel Pa- tagliata la testa al Doge, rimase la Terra in gran riposo lazzo con gran gente, gentiluomini, e altra buona gente, e quiete. E come in una cronica ho trovato, fu porche non sapeano ancora come il fatto stava. In questo tato il corpo del Doge in una barca con otto doppieri tempo fu condotto, preso, e legato, Bertuccio Israello, a seppelire nella sua arca a San Giovanni e Paolo, la uno de' Capi del trattato per que' di Santa Croce, e an- quale al presente è in quell' andito per mezzo la Chiccora fu preso Zanello del Brin, Nicoletto di Rosa, e suola di Santa Maria della Pace, fatta fare pel Vescovo Nicoletto Alberto, il Guardiaga, e altri uomini da mare, Gabriello di Bergamo, e un cassone di pietra con queste e d'altre condizioni. I quali furono esaminati, e trovata lettere: Hic jacet Dominus Marinus Faletro Dux. la verità del tradimento. A dì 16 d'Aprile fu senten- nel gran Consiglio non gli è stato fatto alcun brieve, ma ziato pel detto Consiglio de' Dieci, che Filippo Calan-il luogo vacuo con lettere, che dicono cosi: Hic est locus dario, e Bertucci Israello fossero appiccati alle colonne | Marini Faletro, decapitati pro criminibus. E pare, che rosse del balconate del Palazzo, nelle quali sta a vedere la sua casa fosse data alla Chiesa di Sant' Apostolo, la il Doge la festa della Caccia. E così furono appiccati qual era quella grande sul ponte. Tamen vedo il concon spranghe in bocca. E nel giorno seguente' questi trario che è pure di Cà Faliero, o che i Falieri la ricufurono condannati, Niccolò Zuccuolo, Nicoletto Blondo, perassero con danari dalla Chiesa. Nè voglio restar di Nicoletto Doro, Marco Geuda, Jacomello Dagolino, Ni- scrivere alcuni, che volevano, che fosse messo nel suo coletto Fedele figliuolo di Filippo Calendaro, Marco To- breve, cioè: Marinus Faletro Dux. Temeritas me cepit. rello, detto Israello, Stefano Trivisano, cambiatore di Pœnas lui, decapitatus pro criminibus. Altri vi fecero Santa Margherita, Antonio dalle Bende. Furono tutti un distico assai degno al suo merito, il quale è questo, presi a Chioggia, che fuggivano, e dipoi in diversi giorni da cessere posto su la sua sepoltura: a due a due, ed a uno a uno, per sentenza fatta nel detto Consiglio de' Dieci, furono appiccati per la gola alle colonne, continuando dalle rosse del Pallazzo, seguendo fin verso il Canale. E altri presi furono lasciati, perchè « Dux Venetum jacet hic, patriam qui prodere tentans, Sceptra, decus, censum, perdidit, atque caput. » E |