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Bianchi und Neri, dieser beiden bekannten politischen Partheien, erzählt wird; die hier følgende aus dem vierten Buche enthält die Charakterisirung des berühmten Cosmo von Niedices, und einen Theil der Geschichte seiner Zeiten.

Mentre che questa guerra fi truvagliava, ribollivano tutta via i maligni humori delle parti di dentro; e Cofimo de' Medici dopo la morte di Giovanni suo padre con maggior animo nelle cose publiche, e con maggior studio e più libertà, con gli amici che non haveva fatto il padre, fi governava. In modo che quelli che per la morte di Giovanni s'erano rallegrati, vedendo qual era Cofimo fi contriftavano. Era Cofimo uomo prudentiffimo, di grave e grata presenza, tutto liberale, tutto humano, ne mai tentò alcuna cofa contra la parte, ne contra lo ftato, ma attendeva à beneficar ciascuno, e con la liberalità sua farsi partigiani assai cittadini. Di modo che l'efempio fuo accrefceva carico à quelli che governavano, e lui giudicava per questa via, ò vivere in Firenze potente e ficuro quanto alcun' altro, à venendofi per l'ambitione degli avversarii allo straordinario, effere e con larmi e con i favori fuperiore. Grandi iftromenti à ordinare la potenza fua furono Averardo de' Medici e Puccio Pucci. Di costoro, Averardo con l'audacia, e Puccio con la prudenza, et fagacità favori e grandezza gli somminiftravano. Ed era tanto ftimato, il configlio ed il giudicio di Puccio, e tanto per ciascuno conosciuto, che la parte di Cofimo non da lui, ma da Puccio, era nominata. Da questa così divifa città fù fatta l'impresa di Lucca, nel laqual s'accefero gli humori delle parti, non che fi fpegneffero. Ed avvenga che la parte di Cofimo fuffe quella che l'havelle favorita, nondimeno ne' governi d' effa erano mandati allai di quelli della parte avverfa, come huo

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mini più reputati nello stato. A che non potendo Averardo de' Medici e gli altri rimediare, attendevano con ogni arte ed induftria à calunniarli, e fe perdita alcuna nasceva (che ne nacquero molte) era non la fortuna ò la forza del nimico, ma la poca prudenza del Commiffario accufata. Quefto fece aggravar i peccati d'Aftorre Gianni. Questo fece fdegnar Meller Rinaldo degli Albizi e partirfi della fua commiffione fenza licenza. Questo medefimo fece richiedere dal Capitano del popolo Meffer Giovanni Guicciardini. Da questo tutti gli altri carichi che a' magistrati ed a' commissarii fi dettero, nacquero; perchè i veri s'accrescevano, ed i non veri fi fingevano, ed i veri ed i non veri da quel popolo che ordinariamente gli odiava, crano ereduti. Quefte così fatte cose e modi istraordinarii di procedere, erano ottimamente da Nicolò da Uzano, e da gli altri capi della parte, conosciuti, e molte volte havevano infieme ragionato de' rimedii, e non ce gli trovavano. Perchè pareva loro, il lasciar crefcere la cofa, pericolofo, et il volerla urtare; difficile.

E Nicolò da Uzano era il primo alquale non piacevano vie ftraordinarie; onde che vivendofi con la guerra fuora, e con quefti travagli dentro, Nicolò Barbadori volendo disporre Nicolò da Uzano à consentire alla rovina di Cofimo l'ando a trovare à cafa, dove tutto penfofo in un ftudio, folo dimorava, e lo confortò con quelle ragioni feppe addurre migliori à voler convenir con Meffer Rinaldo à cacciar Cofio. AI quale Nicolò d'a Uzano rispofe in quefta fentenza; E' fi farebbe per te, per la tua cafa e per la nostra republica che tu, e gli altri che ti feguono in questa opinione, haveffero più tosto la barba d'ariento che d'oro, come fi dice che hai tu; perchè i loro configli procedendo da capo canuto e pieno d' esperienza, farebbero più favii e più utili à ciascheduno. E mi pare che coloro che penfa

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penfano di cacciare Cofimo di Firenze, habbino prima che ogni cofa, à mifurar le forze loro, e quelle di Colimo. Questa noftra parte voi l'havete battezzata, la parte de' nobili e la contraria quella della plebe. Quando la verità corrispondesse al nome, farebbe in ogni accidente la vittoria dubbia, e più tosto doveremo temer noi che fperare, moffi dall' esempio dell' antiche Nobiltà di questa città, lequali dalla plebe fono state Ipente. Ma noi habbiamo molto più da temere, sendo la noftra parte fmembrata, e quella degli avverfarii integra. La prima cofa, Neri di Gino e Nerone di Nigi, due de' primi cittadini noftri, non fi fono mai dichiarati in modo che fi poffa dire che siano più amici noftri che loro. Sonci allai fainiglie, anzi assai case divife; perchè molti per invidia de' fratelli o de' con giunti diffavoriscono noi, e favoriscono loro. Io te ne voglio ricordare alcuno de' più importanti, gli altri confidererai tu per te medefimo. De' figliuoli di Meffer Mafo degli Albizi. Luca per invidia di Messer Rinaldo s'è gittato dalla parte loro. In casa i Guicciardini, de' figliuoli di Meffer Luigi, Piero è inimico à Meller Giovanni, e favorisce gli avversarii noftri: Tomalo e Nicolò Soderini apertamente per l'odio portano à Francesco loro zio, ci fanno contra. In modo che se fi confiderarà bene, quali sono loro, e quali fiamo noi, io non fò perche più fi merita d' effere chiamata la parte noftra, Nobile, che la loro. E fe fuffe perche loro fono seguitati da tutta la plebe, noi fiamo per questo in peggior conditione e loro in migliore, e in tanto, che le fi viene à l'armi ò a' partiti, noi non siamo per poter refiftere. E fe noi stiamo ancora nella dignità noftra, nasce dalla riputatione antica di questo stato, Jaquale, fi ha per L. anni conservata; ma come e si vènifle alla pruova, e che fi fcoprifle la debolezza nostra, noi ce la perderemo. E fe tu dicelli che la giusta

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sagione che ci muove, accrescerebbe à noi credito, ed à loro lo torrebbe, ti rispondo che quefta giuftitia conviene che fia intela e ereduta da altri, come da noi; il che è tutto il contrario perchè la cagione che ci muove, é tutta fondata in ful fospetta che non fi faccia Principe di questa città. Se quefto fospetto noi l'habbiamo, non l'hanno gli altri: (anzi ch'è peggio) accusano noi di quello che noi accufiamo lui. L'opere di Cofimo che ce lo fanno fospetto, fono perchè egli serve de' suoi danari ciascuno, e non folamente i privati, ma il publico, e non folo i Fiorentini, ma i Condottieri; perchè favorisce quello e quell' altro cittadino che ha bifogno di magiftrati; perchè e' tira con benivolenza che egli ha nell' univerfale, quefto e quell' altro amico a maggior gradi d' honori. Adunque converrebbe addurre le cagioni del cacciarlo, perchè egli è pietofo, ufficioso, liberale e amato da ciascuno. Dimmi un poco qual' legge è quella che prohibisca, ò che biafimi e danni ne gli huomini la pietà, la liberalità, l'amore? E benchè fiano modi tutti che tirino gli huomini yolando, al Principato, nondimeno e non fono creduti così, ne noi siamo fufficienti à dargli à intendere; perchè i modi noftri ci hanno tolta la fede, e la Città, che naturalmente è partigiana, e, (per effere vivuta sempre in parte) corrotta, non può prestar gli orecchi à fimili accuse. Ma poniamo che vi riusciffe il cacciarlo (che po trebbe havendo una Signoria propitia, riuscire facil. mente) come potreste voi mai tra tanti suoi amici che ci rimarebbero, ed arderebbero di defiderio della tornata fua, ovviare che non ci ritornasse? Questo sarebbe impoffibile, perchè mai (sendo tanti, ́e havendo la be nevolenza universale) non ve ne potreste assicurare. E quanti più de' primi fcoperti fuoi amici cacciaffi, tanti più nimici vi farefte; in modo che dopo poco tempo e' fi ritornarebbe e ne harefte guadagnato questo,

che

che voi l'hareste cacciato buono, e tornerebbeci cattivo. Perchè la natura fua, farebbe corrotta da quelli che lo revocaffero, a' quali fendo obligato, non fi potrebbe opporre. E fe voi difegnaffi di farlo morire, non mai per via di Magifirati vi riuscirà; perchè i danari fuoi e gli animi vostri corrottibili, fempre lo falveranno. Ma poniamo che muoia, ò cacciato non torno io non veggo che acquisto ci facci dentro la noftra Republica; perchè s'ella fi libera da Cofimo, la fi fa ferva à Messer Rinaldo; ed io per me fono uno di quelli che defidero che niuno cittadino di potenza e d'autorità fuperi l'altro. Ma quando alcuni di questi due havesse a prevalere, io non fò qual cagione mi facesse amare più Meffer Rinaldo che Cofimo. Ne ti voglio dir altro, fe non che Dio guardi quefta città ch' alcuno fuo cittadino ne diventi Principe; ma quando pure i peccati noftri lo meritaffero, la guardi di haver à ubbidire à lui. Non voler dunque configliare, che fi pigli un partito che d' ogni parte fia dannofo, ne credere, accompagnato da pochi, poter opporti alla voglia di molti; perchè tutti quefti cittadini, parte per igno ranza, parte per malitia, sono à vendere questa Republica apparecchiati; ed in tanto la fortuna loro amica ch' eglino hanno trovato il comperatore. Governati per tanto per il mio configlio, attendi à vivere inodes. tamente, et harai, quanto alla libertà, così a fospetto quelli della parte noftra, come quelli della avversa. E quando travaglio alcuno nasca vivendo neutrale sarai à ciascuno grato, e cosi gioverai à te, e non nocerai alla patria.

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Queste parole raffrenarono alquanto l'animo del Barbadoro, in modo che le cofe ftettero quiete, quanto durò la guerra di Lucca. Ma feguita la pace, e con quella la morte di Nicolò da Uzano, rimase la città senza guerra, e fenza freno. Donde che senza alcun

rispetto

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