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Idem semper matrem suam adhortabatur, ut adolescenti annis sibi aequali vestes suas usu aliquantulum attritas dono mitteret. Ex his initiis conjectura quisque adsequi potest, quantum pauperes amiserint praepropero ejusdem interitu.

Hic vero (utinam sineret dolor!) vellem et ego proferre innumera prope suae erga me benevolentiae et amoris testimonia. Quam solicitus semper fuit de mea valetudine! quam studiosus meae felicitatis! Non jam cum discipulo agere videbar, sed cum filio carissimo. Neque enimvero ipse patrem suum amare magis poterat, quam me amabat. Sex fere annorum curriculo, quo eum docui, profiteor ingenue eumdem semper aeque bonum ac vere docilem deprehendisse. Ex ipsis reculis minimi momenti egregia animi voluntas perspicitur. Id in primis compertum habui ex quidusham munusculis sua sponte matri, sorori, mihi ipsi oblatis. Nunquam natalis illuscebat ejus dies, aut altera suo nomini sacrą quin e proprio aere aliquid nobis omnibus, parvi quidem pretii, sed eximie cari, sisteret, Teneo apud me sexcentas epistolas pro dissimili tem-porum ac rerum varietate scriptas, quibus ad benevolentissimae mentis argumentum nihil magis. Brevi praecidam. Pubblicum experimentum jam sustinueram de historia philosophica regiae hujus Universitatis quam clementissimus Imperator ac Rex noster Franciscus mihi inter ceteras demandare dignatus est. Rumor evaserat hujus nominationis; sed nihil certi ex decreto habebatur. Curiosissimus ipse venetas ephemeridas vix Patavium adlatas sibi per famulum

acquirere, ut posset primus nunciare. Optatis accessit eventus. Bene mane itaque video ipsum ad meam zotheculam seminariensem ddcurrere, laetitia exsilire, et designationem caesarea manu confirmatam meis oculis subjicere. Neque hoc satis. Rogare etiam atque etiam cocpit, ut, quoniam ex novo officio seminarium relinquere cogcbar, aedem suam tamquam meum domicilium vellem accipere. Postero die hanc epistolam cum italo carmine ad laeti animi indicium misit, quem religiosissime custodio, etc.

Aggiungeremo qui l'inscrizione sepolcrale composta dal ch. Calegari già noto per simili elabo rate composizioni.

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ADOLESCENTI . A . xvI ET. MENSIVM . 1111

INNOCENTISSIMO . PIENTISSIMO

INGENI. MATVRITATE. SVAVITVDINE

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OSSERVAZIONI SULLA ELOQUENZA DEL CUORE Padova tips Crescini 1824. di pag. 23. 8.

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Se la fama del predicatore consiste nell' accordo universale d'applausi ch'e' riscuote ne' vari luoghi ove fa udire la divina parola; se le glorie onde il suo nome s'illustra sono arre sicure di merito, di valore e d'ingegno, egli è certo da attendersi ch' egualmente, come lo è sul pergamo, sia quest'uomo inspirato, valente fra le pareti della sua cella quando mettasi a dettare qual si sia opera e così esser doveva dell' ab. Scarpa allorchè passando dai clamori di Roma alla quiete delle mura di Antenore si pose a scrivere queste Osservazioni, che per quanto ei ci dica che l'argomento ch'ei tratta non si vide per anco segnato da retore alcuno; noi gli rispondiamo, essere così trito, e palpato, che nulla di nuovo puossi aggiugnere, onde il suo lo diremo quasi un portare acqua al mare e legna al

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bosco. Ma ciò non è tutto: dobbiamo anzi anche confessare, che intronati ancor gli orecchi dalle molte lodi con che un suo devoto, in cui ci venne di abbattersi, voleva persuaderci che nullo, così diceva egli, avanzare potea de' moderni nell' acte predicatoria l'ab. Scarpa ; noi, benchè lontani assai da tale credenza, si avevamo posti a leggere con qualche curiosità e prevenzione questo libretto: ma che? letto, riletto, egli è pur forza ripetere; che altra cosa è lo arringare dalla bigoncia, altra lo scrivere a tavolino! Chè certo in una materia che dava luogo, non a pellegrine, ma belle osservazioni, sentire le altrui opinioni smozzate, stravolte; in una materia che per la delicatezza del subbietto doveva cercarsi l'eleganza dello stile e delle imagini, o la naturalezza e semplicità almeno trovarvi per entro il perchè osservo di tosto preferire la sentimentale all' intellettuale eloquenza accese quel di sentimental fantasia mutin malgrado loro di pensieros d'animo, di giudizio e parlando di Cipriano accoppiava all' africana robustezza il patetico concettoso, e la lattea soavità de' pensieri e l'attuale personale applicazione ec. ec. sono cose che metton disgusto. Forse che questi ponno dirsi nei picciolissimi, se vogliasi a parte a parte sindacare questo lavoro, in confronto delle molte altre macchie di che è sconcio; ma noi rimettiamo gli assennati lettori a quella lettura per farne giudizio e saperne dire poi se lo stile sia alcune volte comune, altre stentato, in somma tale che non può nè deve dirsi buono, Oh! è pure dir

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versa cosa il parlare lo scrivere! Il declamare e lo stam pare! E quando si stampa il pubblico vuol belle cose. Se non che il sig. Scarpa parve che apparecchiato al colpo, se ne schermisse con queste parole che l'oratore vange lico è fatto pel popolo e se quindi egli stesso ha pronunziato sua sentenza noi non possiam che far eco, che egli cioè, oratore vangelico, è fatto pel popolo.

E quel Tullio istesso, ch' egli vuol dire d'essersi proposto a modello, povero Tullio davvero se avesse adoperato in questa guisa! Che mentre egli fulminava dai rostri colla potenza del dire i Catiline, i Verri, gli Antoni, non sarebbero i suoi scritti immortali passati a noi, dopo molti secoli, prezioso monumento, e forse unico, di eloquenza! e quelle sue maravigliose orazioni non formarebbono ancora la base delle scuole, e come il tipo di chi mettesi a dire nella lingua del Lazio! Ma la maschia eloquenza ch'egli parlava, scevra da' prestigi della moderna scuola, della ricercata pronunzia, del comico gesto, del misurato atteggiamento, era quella vera e soda eloquenza che non ha bisogno di soccorsi estrinseci per poter ciò che vuole; non quella, che, com' oggi s'usa pur troppo! parla molto agli acchi, poco agli orecchi, e nulla affatto al cuore. Che la vera facondia vale tanto in iscritto quanto a voce; e i celebri Segneri e i Granelli, e se vogliamo anche voltarci alla Senna, i magni Bossuet e i Massillon, veri seguaci di Grisostomo, non terrebbero ancora il primo seggio in que st'arte divina a cui mal si agogna, finchè male si scrive, Y. Z.

ALCUNE POESIE DI LUIGI CARRER di pag, 24 in 32. IL LIBANO DI LUIGI CARRER - Padova tip. Crescini ele gante edizioncella in 16. di pag. 8. 1825.

Luigi Carrer, nome caro alla patria, alle Muse, stampò a questi giorni due libretti graziosi di sue composizioni, Contiene il primo un'ode alla Meditazione, che abbiamo letta altre volte con piacere ed ammirazione, ma che si piacque ei ritoccare di nuovo in modo che noi diremo nulla ora mancare a questa purissima gemma. A questa tien dietro un'altra ode in morte di giovine sposa, e che gustiamo veder nuovamente stampata, se la dolcezza del verso ne fa quasi scordare la difficoltà del metro in sestine quinarie; metro che domanda molta concisione, molta

ingegno. Il terzo componimento, ch'egli volle intitolare racconto, noi lo battezziamo per Idillio Cavalleresco, ove si vede che un paladino rapita una donzella, l'abbandona poi approfittando d'uno svenimento sopraggiunto alla misera. E' solo alla bellezza dei versi del Carrer che noi vogliamo quasi perdonare a quel cavaliere tanta crudeltà: perchè move a vera pietà quella cara fanciulla la quale: In piè balza, un' erta sale,

CARLO, chiama, e chiama invan:
Parte, riede, e nulla vale :
Tutto cielo e tutto pian.

Sotto i rami della fida

Mesta pianta ritornò;

CARLO! CARLO! ognor più grida

Tu qui fosti, qui morrò.

Quivi pianse il caro sposo

Sette giorni, e poi morì,
E quet salice pietoso

Curvò i rami ed appassi.

L'elegia del Libano, scritta in elegantissime terzine e di cui già anticiparono gli elogi meritati altri giornali ne dispensa da ulteriori parole. Troviamo in essa una mollezza di stile una serenità d'idee, un tutto insieme di soavità e di melanconia, (doti che splendono in tutti i versi del Carrer) che non possiamo esprimere bastante mente. Voglia egli ora adunque pensare a venturi lavori, e di maggiore importanza, a cui lo suo ingegno è capace: e s'egli ne dirà troppo indiscreti in questo nostro desiderio, noi diremo lui troppo poeta perchè abbiamo a tacerlo.

Y. Z.

ALLA ORNATISSIMA SIGNORA

T. C. E. (1)

A Padova.

Nuovamente parte di qua per Roma lo scultore Rinaldo Rinaldi, il quale deesi trattenere un qualche giorno costi e poichè mi richiese se avreici persona, cui potesse visitare

(1) Essendoci capitata tra le mani la presente lettera che discorre la vita e le opere di un nostro valoroso artefice che vive estimato nella Metropoli delle belle arti, credemmo che non dispiacerebbe leggerla nel nostro giornale,

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