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qualche Giornale letterario parlarono come vollero, o come seppero in questo proposito, non tacesse il soggetto, ch'ebbe il merito maggiore, e che po teva, e doveva parlare ex professo su di un fenomeno da cui era stato esercitato per intenderlo, per propagarlo, e per ritrarne da esso si esatte e sode deduzioni.

Che ve ne pare, carissimo amico ?.... Sono con vera parzialità.

Di Chioggia il di 27 dicembre del 1824.

Vostro Affettuosiss. Amico
FORTUNATO LUIGI NACcari.

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BREVE CRITICA DELLE ANTICHE LEGISLAZIONI GENTI LESCHE E DIFESA DELLA LEGISLAZIONE MOSAICA. DISSERTAZIONE DELL' AB. GIUSEPPE BRUNATI DI SALO ec.-Torino 1824 presso Giacinto Marietti.

Per ottenere lo scopo, ch' egli contempla in questa Dissertazione al ch. sig. avvocato Jacopo Fi lippo Alberti intitolata, comincia il nostro aut. dal ricordare ad una per una le mende, di cui voglionsi accagionare le legislazioni gentilesche, che è quanto dire quelle degl' Indiani, e Chinesi (e) a proposito di questi esclama il N. A.: chiara memoria d'un popolo, che ha messo in luce un Confucio!), e poi con viaggio retrogado degli Assirj, e de' Babilonesi, de' Medi, de' Persiani degli Egizj, Cretesi, Spartani, ed Ateniesi. Indi viene esaminando le leggi delle dodici tavole, e ci trova per molto di che dire in contrario, e chiude cotesta preliminare disamina se i sommi filosofi

Platone ed Aristotile s'abbiano pei politici regolamenti diritto a intera lode, coll' essere d'avviso che neppure la platonica repubblica sia spoglia di brutte macchie infatto di solenne intem→ peranza nelle feste di Bacco, e del sciolto pudore nel sesso più debole; e che sì pure il di lui discepolo Aristotile, comecchè correttore di alcuni errori del maestro, non ne fu esente nelle sue leggi di politica,

Ciò premesso, eccovi dice il ch. aut. alla sua studiosa adunanza, eccovi il rovescio della medaglia. Si taccia di durezza coi vinti la legislazione mosaica. Si risponde: Iddio comandò al suo popolo di non risparmiare i nemici Ammorrei, Etei, Feressei ec. ec. la più gran parte de' quali, induratisi nel cuore per permission del Signore, non vollero arrendersi agli Ebrei. Si passavano cotesti nemici a fil di spada, ma prima offerivasi loro la pace; ed il trattamento che si faceva agli schiavi doveva anzi essere dolce, temperato, e modesto; e tutto ciò vien comprovato dall' autore con isquarci dell'antico Testamento; e non lascia purę di ricordare che il voto dell' Anatema contro le città avversarie non avea luogo se non era comandato dal Signore. Nè vale a far torto alla legislazione Mosaica il voto di Jefte, che quello fu voto temerario, e riprovato da Dio, ec. ec,

Passa poi l'autore ad un' altra accusa. Si accagiona la legislazione Mosaica di offendere i diritti di libertà personale ammettendo la schiavitù. Si risponde: la schiavitù sotto gli Ebrei era men dura che sotto tutte l'altre nazioni, Mosè cercò ogni mezzo di alleviarne l'acerbità, accordando agli schiavi alcuni annuali riposi, ed alcuni diritti, nè egli ha potuto far di più in que' tempi, e in quelle

circostanze. Era riserbato al figliuolo del dator d' ogni bene di render tutto il mondo una sola famiglia, ec. ec. E infatti erano gli schiavi comunemente così ben trattati, che non era infrequente nella legislazione Ebraica che lo schiavo per amore pel suo padrone non volesse esser fatto libero. E quella cosa di vendersi dagli Ebrei a schiave le figliuole era non approvata, ma solamente da Mosè tollerata. E si pure l'accusarvi dai padri i propri figliuoli a' seniori del popolo, sicchè dopo il giudicio di condanna veniano lapidati a morte da quello, non avea luogo che per figliuoli veramente contumaci, e protervi, e sempre dopo fatte le prove della veracità delle accuse. E la legge del Levirato, ossia del matrionio fra' cognati, l'avean gli Ebrei comune coi Mongoli, coi Fenicii, ec. L'omicidio fuori della città di colui che avesse ucciso un altro senza volontà, non era gia permesso, ma solamente sorpassato. Mosè viene pure tacciato di troppo fiera intolleranza; religiosa ma secondo la di lui legislazione quest' intolleranza non andava al di là de' confini della Palestina, e risguardava solamente gli esterni e pubblici atti d'irreligio ne, e d'incredulità. E finalmente se Moise non s'è curato del commercio, le circostanze de' tempi in cui dettava il suo codice non gliel consentivano e forse il timore di distruggere per tal mezzo la semplicità del suo popolo ne l' avrà distolto, ec. ec.

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E così di questo passo il nostro autore va percorrendo tutte le accuse date alla legislazione Mosaica, e ci mette dirimpetto le difese; e finalmente chiude la sua Apologia della legislazion Mosaica in paragone delle antiche legislazioni gentilesche con un devoto osanna al lume del lume dell' etorno padre divino nostro legislatore Gesucristo.

Data dunque così, per quanto la brevità, entro la quale siam circoscritti, ce l'ha conceduto, un' idea di questa dissertazione, noi non lascieremo d'osservare che sebbene in questa opericciuola traluca il religioso ed ottimo divisamento dell'autor sue, pure non ci è paruta né di gran necessità una discussione di cose così remote, ně in ogni sua parte abbastanza bene sviluppata, e ciò tanto più che in quella parte della legislazione Ebraica, in cui è entrata l'espressa volontà di Dio, padrone di tutte le cose, la legislazione stessa non è paragonabile con qualsivoglia altra legislazione umana, nè può essere a confronti, ed a giudicj soggetta.

Nè in quanto alla parte umana della legislazione stessa pare che abbia potuto sempre venir dato al ch. autore di dimostrarcela sodamente migliore dell' altre gentilesche. Ed egli poi s'è scordato della legge del Talione che per un male fatto un altro ne produce. Cotesta infatti, eccettuati e venerati i casi di una espressa divina disposizione, può dirsí ella legge lodevole? E cosi va discorrendo di qualch'altra difesa della legislazione predetta, la quale in senso umano, come s'è detto, non istà interamente salda in gamba. E questo basti. Se non che quanto anche al metodo materiale di questa dissertazione pare che abbia da forte infastidire quell' intralcio continuo di citazioni, che ti fanno quasi singhiozzare nel leggere, dovendo ad ogni poco arrestarti a quelle infinite parentesi che ti rompono il periodo, e quasi il sentimento. Del rimanente la dissertazione è scritta con buono stile, e fa onore alla penna del valoroso sig. ab. Brunati. L. C. d' A.

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I PROVERBI DEL BUON CONTADINO. ALMANACCO PER L' ANNO 1825 AD USO DEGLI AGRICOLTORI. N. V.- Milano presso Silvestri, ec.

Spesso un detto popolare
E' un avviso salutare.

La prima visita, e i primi augurj di felicità per l'anno nuovo noi l'ebbimo dal buon Contadino autore degli annunziati proverbi. Mille grazie e i più ingenui reciproci augurj di prosperissimi eventi sieno ad esso renduti, e cento cotanti ne rendano i buoni e zelanti amatori delle prosperità campestri, e del bene de' villani, a profitto ed istruzione de' quali pubblica per la quinta annata questo utilissimo Almanacco in Milano, benchè tra noi nato e tra noi domiciliato, un valoroso e dotto scrittore, d'ogni bella ed utile scienza ed arte, e in ispezieltà dell'agricoltura, fervido cultore in mezzo alle più gravi e serie occupazioni ad esso supe

riormente affidate.

Due cangiamenti e' dice a' lettori d'aver fatto nel comporre in quest'anno il suo Almanacco. Il primo è, che in luogo d'assegnare un proverbio, come fece negli anni addietro, ad ogni quarto o fase di luna, ne ha assegnato uno solo ad ogni mese. Il secondo consiste nell' aver tratte letteralmente le dichiarazioni d'ogni proverbio da qualche accreditato antico o moderno scrittore d'agricoltura, piuttostochè comporre egli medesimo le spiegazioni suddette, ciò è da Crescenzio, Alamanni, Gallo, Soderini, Spolverini, Lorenzi, ec. Noi crediam bene di riportare que' XII. proverbi, e d'accennare gli autori delle dichiarazioni,

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